
Alessandro Michele, rispetto Valentino non facendolo morire

Lo stilista intervistato da Maria Luisa Frisa al Maxxi
(di Patrizia Vacalebri) "Con la mia prima sfilata per Valentino, Pavillon des Folies, ho mostrato rispetto per il fondatore, come ho mostrato rispetto ai miei genitori facendo una scelta: io ho rispetto di lui non facendolo morire. Noi abbiamo bisogno di allontanare l'idea di 'finitudine'. Io l'ho fatto con quella collezione, usando i pizzi chantilly, i fiori. Tutto fragilissimo, ma tutto eterno. Quella finitudine e quella apparente fragilità era legata al rito della vita". Così Alessandro Michele, direttore creativo di Valentino, ha ricordato la sua prima collezione disegnata per la maison, quella per la Primavera/Estate 2025, che ha sfilato a Parigi nel settembre 2024, segnando il suo debutto sul palcoscenico parigino. Il ricordo affiora durante la conversazione con Maria Luisa Frisa, nell'incontro speciale di Camera Nazionale della Moda Italiana e Maxxi, in occasione della Giornata Nazionale del Made in Italy, che si è tenuto nell'auditorium del museo romano. Il titolo dell'evento è "Materia stellare". La conversazione è stata l'opportunità per esplorare la visione e il lavoro del direttore creativo di maison Valentino, uno dei designer più carismatici e controcorrente del fashion. Dopo i saluti istituzionali di Maria Emanuela Bruni, presidente della Fondazione del Maxxi e di Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Frisa ha dato il via all'incontro con lo stilista. "E' stato bello per me fare l'alta moda - ha spiegato lui - Tu pensi di avere un rapporto confidenziale fino a quel momento con la moda e invece arrivi lì e capisci che quello è un altro spazio e tu non sei così formato. Conoscevo i rudimenti, ma poi mi sono reso conto che ogni abito di alta moda è come un parto con cento ostetriche e quell'abito lo devi vedere tutti i giorni. Ogni singolo abito. E' stato faticosissimo, ma straordinario. Ho imparato tantissimo". Anche se: "No, io non disegno. Niente foto, racconto con le parole quello che voglio fare". "Valentino - ha proseguito - ha lasciato un'eredità sartoriale pazzesca. Io non ho mai visto lavorare così. Le sue sarte conoscono cento tipi diversi di plissè, di tutte le misure. Valentino era fissato con volants e rouches, anche quelle di mille tipi diversi. E' stato come un rito entrare nella maison. Bei vestiti lui ne ha fatti tantissimi. La linea boutique era fatta da lui come l'alta moda. A lui non interessava il costo di quel vestito. Le piume di struzzo le chiamava 'cigni'. Le strass erano 'diamanti'. No, io non voglio che muoia". Poi si parla di Roma e di Parigi. "Io Roma l'ho lasciata per tanti anni. Poi ci sono tornato - ha ricordato - per volontà o per caso. Roma mi fa vedere cose belle e storte, le imperfezioni che io amo tanto. Poi c'è Parigi, che Valentino ha scelto come fosse una figlia. Lui è stato il Mazzarino della moda. L'unico italiano che ha ottenuto il rispetto di Parigi. Il marchio è unico per Parigi. E la Valentino a Place Vendome è un posto straordinario, con una luce bellissima che si muove su quei palazzi". Si parla anche dell'ultima collezione, intitolata Le Meta-Théâtre des Intimités, dove lo stilista si è chiesto se è davvero possibile spogliarsi delle maschere che indossiamo nel quotidiano, ambientando la scenografia provocatoriamente in un bagno pubblico. "La vestizione - spiega - è un atto intimo. Il luogo della vestizione nella sfilata era un bagno pubblico, dove tante persone passano e dove forse si è più autentici. Se io venissi con te nel tuo bagno, vedrei la Maria Luisa vera, oppure quella vera è quella che esce alla fine, una volta vestita?". Infine si parla di sogni. "Io sogno molto la notte ma il giorno il sogno è meno lontano. E un desiderio, una passione che coltivo. Piccole cose che cerco di realizzare. Io non ho mai abbandonato la mia 'bimbitudine' e allora sogno cose come un pollaio con tutte le galline. Forse il sogno è proprio quello che faccio tutti i giorni".
L.Lefevre--PS