Osteoartrite, studio su Dna pazienti svela bersagli nuove cure
Trovati 700 geni coinvolti, 70 già noti come bersaglio farmaci
Sono stati scoperti oltre 900 punti del genoma che possono avere un ruolo nell'osteoartrite, malattia caratterizzata dalla degenerazione delle cartilagini articolari che affligge milioni di persone nel mondo, e divenire potenziali bersagli di nuove cure. Più di 500 di queste sequenze genetiche collegate alla malattia non erano mai state segnalate prima, fornendo nuove conoscenze sul panorama genetico alla base di essa. Si tratta dei risultati di uno studio pubblicato su Nature e condotto presso l'Università di Monaco. Inoltre, grazie all'integrazione di diversi set di dati biomedici, i ricercatori hanno identificato 700 geni specifici che è altamente probabile siano coinvolti nell'osteoartrite. In particolare, il 10% di questi geni codifica proteine che sono già bersaglio di farmaci approvati, aprendo la via alla rapida scoperta di nuove cure attraverso il riposizionamento di vecchi principi attivi in uso con altre indicazioni. L'osteoartrite di solito si scatena dopo una lesione, ad esempio la rottura del menisco durante una partita di calcetto o una caduta o un incidente. Dopo la demenza e il diabete, l'osteoartrite è il terzo problema di salute in rapida crescita associato alla disabilità. Si stima che entro il 2050 il numero totale di pazienti raggiungerà 1 miliardo di persone in tutto il mondo. Gli esperti hanno condotto il confronto dell'intera sequenza genomica di 489.975 pazienti e 1.472.094 individui sani di controllo. "Le varianti genetiche risultate associate al rischio di osteoartrite sono molto diffuse tra i pazienti", afferma il co-autore, Konstantinos Hatzikotoulas. "Le nostre nuove conoscenze su di esse possono consentire una migliore selezione dei pazienti per gli studi clinici e gli approcci di medicina personalizzata". Gli scienziati hanno anche identificato otto processi biologici chiave cruciali per lo sviluppo dell'osteoartrite, tra cui l'orologio interno dell'organismo. "La nostra scoperta suggerisce che interventi mirati che regolano uno o più di questi otto processi potrebbero svolgere un altro ruolo significativo nel rallentare o addirittura arrestare la progressione della malattia", aggiunge Hatzikotoulas.
I.Moreau--PS